venerdì 16 novembre 2012

Notizie da Brindisi: la "Lega dei Goaliardi"


Nell'attesa di ricominciare a giocare in prima persona, pensiamo sia doveroso, per vincoli di amicizia e affinità, segnalare la strepitosa idea che hanno avuto a Brindisi quei matti di Angelo, Giuseppe e Marcello.
Il nome è meraviglioso: “Lega dei Goaliardi” (GOALiardi, capito l'antifona?). E per quanto s’è intuito questa lega non è un vero e proprio campionato con date fisse da rispettare per gli incontri. Certo, hanno scelto un campionato, quello scozzese dell’82-83, ed assegnato squadre, ma le date degli incontri sono da definirsi. Soprattutto ciò che ci ha sorpreso è la scelta del luogo nel quale si stenderanno i panni: a casa.
Non fate quella faccia, ora mi spiego meglio.
I componenti della “Lega dei Gaoliardi” avranno l’obbligo di ospitare a turno, a casa propria una giornata di campionato. Condizione necessaria per l’ospitata è avere uno stadio con tanto di tribunetta con gli spettatori. E questo implica anche la più classica delle mangiate tra oldsubbuteisti.
Ma si sa, qui siamo di parte. Quindi proprio per eliminare le possibili distorsioni del nostro punto di vista fazioso, con un abilissimo ctrl+c ed una altrettanto difficile ctrl+v vi facciamo leggere quello che a me piace definire il Manifesto di  Angelo e Giuseppe:
E' giunta l'ora: nasce oggi la Lega dei Goaliardi, élite di oldsubbuteisti che si pone come obiettivo quello di andare oltre gli OSC, per proporre un'idea di gioco e di estetica del gioco che deraglia dai binari della performance e del gioco senza coreografia e contorni.La Lega dei Goaliardi accoglierà tra le sue fila solo oldsubbuteisti possessori di stadio, pronti ad ospitare ed essere ospitati in piccoli meeting di eletti, organizzati volta per volta e senza un calendario prestabilito.
Riprendersi il gioco così com'era all'alba della nostra adolescenza, questo è il fine della Lega dei Goaliardi, riproponendo il sogno e l'estetica “da cameretta” e rigettando le idee di calcio e Subbuteo moderno...
Per far parte della Lega dei Goaliardi vi occorrerà quindi avere uno stadio con spettatori e accessori; inoltre dovrete organizzarvi e disporre della possibilità di ospitare matches e di affrontare trasferte di gioco; dovrete avere la vostra squadra di club “favorita” in versione prima maglia ed away-kit fedelmente riprodotte, comprensiva di portiere crouched su asta per le partite in trasferta; sarà necessaria naturalmente una spiccata attitudine oldsubbuteo ed un approccio al giuoco in perfetto cameretta-style, nonché l'amore per il calcio di una volta fatto di radiocronache, immagini traballanti, giocatori coi baffi, numerazioni da uno a undici, attaccamento alla maglia, palla lunga e pedalare.
La lega dei Goaliardi è potenzialmente aperta a tutti, senza preclusioni geografiche o di alcun altro tipo: chiedete e dimostrate di avere i requisiti, il comitato deciderà della vostra Goaliardìa o meno...
Presto vi diremo di più e meglio, per ora si sappia che è giunta l'ora... 
A dirla tutta sulla sanità mentale di questi ragazzi non ci scommetteremmo un centesimo. Però a noi questo tipo di iniziative dall'aria rilassata e che ci fanno pensare alle immagini in bianco e nero e grana grossa dei goal di Pierino Prati contro l'Ajax oppure a Rivera su un tram intervistato da Beppe Viola, piacciono troppo. Soprattutto in momenti come questi in cui la patata in bocca di Renzi ci rovina ogni pranzo e persino Vendola si dimentica di nominare Berlinguer quando indica a chi, più o meno, si ispiri. E mi nomina un cardinale. E Bersani mi nomina addirittura un papa.

C'è un unico appunto da fare. Perché utilizzare proprio il termine "lega". Non ce n'erano di migliori? Non si poteva evitare? E pensare che quando gioca la Nazionale sono vent'anni che abbiamo imparato a gridare "Forza Azzurri!", che diciamolo,ci viene ancora innaturale.

lunedì 29 ottobre 2012

È tutto da Mosca, linea allo studio


Quest’anno nessuno dei molesi parteciperà al campionato dell’Osc Bari.
I motivi vanno ricercati innanzitutto nella sfera degli impegni personali.
In seconda battuta si può anche dire che si tratti di una precisa scelta.
Non amiamo gli ambienti affollati. Rifuggiamo le logiche espansionistiche e la ricerca dei grandi numeri.
Rivogliamo indietro le serate in casa con 3 o 4 amici, un campo sporco di cenere e di capelli, le squadre poco fedeli alle maglie, i risultati scritti sul tovagliolo, le birre e le patatine, i tempi rilassati, Rino Gaetano. Vogliamo tornare giocare con la sigaretta accesa. Possibilmente bestemmiando i santi, offendendoci ed insultandoci ad ogni back.
“Ma allora sei uno stronzo, adesso mi devi far rifare tutta l’azione!”
Non smetteremo di giocare. Anzi, i più interessati possono venirci a trovare oltre cortina. I vecchi amici subbuteisti della prima ora sono sempre i benvenuti. Ogni tanto la nostra delegazione si recherà a giocare all’ovest.
Semplicemente, quando ci sarà possibile, riprenderemo da dove abbiamo iniziato nel 2009.
Quindi da oggi guardate a questa pagina come quando ascoltavate le cronache di Demetrio Volcic, l’inviato della Rai a Mosca, che, negli anni settanta-ottanta, ogni mezzogiorno vi parlava con distacco, ma con  tanta eleganza e ironia, delle vicende dell’Unione Sovietica.

mercoledì 27 giugno 2012

I crucchi - Europei 4

In un modo che ha sinceramente stupito tutti i tifosi incollati alla tv - tricolore, Raiuno, Peroni, divano - la Nazionale ha battutto l'Inghilterra. C'è da dire che i tre leoni in campo non si sono visti assolutamente, manco per sbaglio. Di conseguenza gli azzurri hanno fatto il 68% di possesso palla ed una cosa come una trentina di tiri in porta. Gol? Manco a parlarne. In 120 minuti. E va bene che gli inglesi si son chiusi come delle vergini, ma un gol, un gol lo devi fare. Sennò poi rischi.
Quindi ci sono voluti i rigori, che questa volta c'hanno detto bene. Balotelli ha perfino accennato ad un'esultanza quando ha segnato il suo. Hart, il portiere inglese, è un terribile coglionazzo (lo avrete dedotto dalla improbabile capigliatura, che da noi andava di moda nel 19993) e Pirlo lo ha irriso ed umiliato in mondovisione con un beffardo cucchiaio. Straordinario.
Così, senza neanche tanta consapevolezza nei propri mezzi, tra la meraviglia e l'invidia della stampa internazionale, questa Nazionale, su cui onestamente non avremmo puntato 'na lira, si ritrova alle semifinali di questo benedetto Europeo.
Adesso viene il bello. Ed io qui vi volevo.
Adesso c'è la Germania. I tedeschi. I crucchi. I panzer. I crauti. Kartoffeln. Che in combinazione con il gran caldo mi rovinano il sonno ogni santa notte che precede la partita. 
In effetti sono forti, fortissimi.La selezione tedesca è una rappresentativa ben allestita per vincere questa competizione. Son giovani, aitanti, corrono come dei centometristi, sono tecnici e multietnici.
Klose è di padre polacco, proprio come il nostro Caruso Pascoski. Podolski pure.
Kedira ha origini tunisine.
Boateng, ganesi.
Ozil, turche.
Gomez è palesemente spagnolo.
Senza dubbio la Germania ha fatto del multiculturalismo e dell'integrazione la propria forza.
Invece qui c'è ancora qualche anziano che davanti al caffè, col giornale in mano, ti chiede se Balotelli, con quella carnagione, sia italiano.
"Giovanò, ma sei sicuro? Quello pare un bissino."
"No, maestro, quale Abissinia. Quello è nato a Palermo. I genitori sono ganesi."
Ora, però, avrete ben capito che il Subbuteo non è manco nominato in questo post, e che oltre al riassunto delle puntate precedenti, al cucchiaio, all'elogio della Germania multietnica, non è che avessi tanto da dire. Ed avete ragione, devo ammetterlo. Ma lo faccio per me.
Questo post è una semplice questione di scaramanzia. visti i buoni risultati ottenuti con i post in cui si parlava di Irlanda ed Inghilterra, mi sono imposto di scrivere questa mia per adempiere un rito.
Per esorcizzare la paura. Sportiva.
Magari dalle mie parti la parola i tedeschi non terrorizza la gente come al nord (Italia ed Europa), dove suscita automaticamente timori e reazioni ancestrali. E' vero che sono passati quasi 80 anni e che Hitler, Goebbels, Himmler e Mengele sono certamente morti. E' vero che intere generazioni di crucchi hanno fatto di tutto per dimenticare e farsi perdonare, sebbene per quanto mi riguardi possano tranquillamente continuare a convivere col senso di colpa.
Però, la Polonia mica l'abbiamo invasa noi.
Noi non abbiamo mai preteso di trasformare gli ebrei in sapone.
Meritiamo di passare il turno, di andare in finale, al di là di ciò che succede in campo.
Per una semplice questione: la memoria.

mercoledì 20 giugno 2012

Selling England by the pound - Europei 3


Ricordo Italia-Inghilterra dei campionati mondiali del 90 solo perché si giocò a Bari, nel nuovissimo San Nicola di Renzo Piano. Ci pensarono Baggio e Schillaci. Ricordo anche un gol di Zola a Wembley, nel 97, durante le qualificazioni mondiali. Nessuno però ricorda che al ritorno ce ne fecero ben 2. E noi manco uno.
Ed ora ci risiamo, quarti di finale, Inghilterra-Italia.
Merson  festeggia adeguatamente un gol
Io onestamente avrei preferito la Francia, e non perché si tratti di una squadra più debole, anzi. Avrei preferito i galletti perché si tratta di una sfida molto più accesa, una rivalità calcistica molto sentita. La sola vista di quei mangiatori di rane in campo mi provoca un travaso di bile, un odio atavico, mi disturba il sonno e mi riporta a quei terribili 120 minuti della finale del 2006. Quindi Italia-Francia sarebbe stata una sfida che avrei atteso con molta più ansia. Ossia non avrei pensato ad altro da questo momento fino al calcio d’inizio.
Però sia chiaro anche contro i sudditi di Sua Maestà, sarà una partita durissima. E’ rientrato dalla squalifica Rooney ed ha già segnato di testa, grazie all’aumento volumetrico del suo capoccione dovuto ad un trapianto di capelli.
L'umorismo inglese
Anche se ora c’hai il ciuffo, resti brutto, povero Wayne. Il trapianto non ha migliorato il tuo aspetto. Non ci puoi fare niente, sei uno sgorbio ed anche con i capelli resti tale. Anche se sei bravo con la palla tra i piedi.
E poi c’è da dire che questi signori si dichiarano, in maniera autoreferenziale, gli inventori e maestri di questo sport. Anche se a vederli al mare in giro per il mondo, con quelle panze enormi e con tutta quella crema solare bianca a proteggersi le lentiggini sulla spalla, penseresti a tutt’altro che agli eredi di menti eccelse come Shakespeare, Jerome Kapla Jerome, Churchill, Jimmy Page, Newton, Brian Clough, oppure James Bond e Doctor Who.
Verso gli anni 30 del secolo scorso, un italiano calvo, con un ridicolo fez in testa, spesso vestito di nero, che giocava a fare il grande statista, ma che finì appeso testa in giù a piazzale Loreto con nostra grande gioia, usava spesso urlare “Dio stramaledica gli inglesi”. Ma anche quella volta si sbagliava tragicamente.
Perchè è doveroso ricordare che proprio un tizio inglese, il cui cognome mi rievoca le peggio cose, Peter Adolph, subito dopo la guerra, brevetta the hobby, il Subbuteo, il nostro gioco preferito.

venerdì 15 giugno 2012

Marca stretto il 9 ! - Europei 2


A scanso dì equivoci, mi preme dire che se non si riesce a vincere contro la Croazia, il problema è nostro e forse non meritiamo di andare avanti in questo Europeo.
Quel tal Mandzukic o come diavolo si chiama lui, maledetto  figlio di ustascia, non è di certo un fenomeno, ma non te lo puoi marcare così. Se fosse capitato a me un episodio simile, durante la partita del sabato pomeriggio tra amatori (alcuni anche di 60 anni e più, come il prof. Pappadopoli), mi avrebbero aggredito fisicamente ed mi avrebbero insultato pesantemente dubitando  ad alta voce dell’onorabilità delle donne della mia famiglia.  Non si tratta di un ambiente chiesastro e si tende ad essere parecchio informali. La rissa è qualcosa che metti in conto una volta che arrivi al campo.
Scommetto che i due attaccanti si sarebbero presi la briga di farsi 50 metri correndo, bruciandosi l’unico loro scatto a loro disposizione nei 90 minuti, per dirmi che loro “avanti” si fanno il culo e noi dietro ce ne andiamo a farfalle. Anzi, a pelose. Suscitando quindi l’ira dei miei compagni di reparto, ed in particolare di Lello, che dall’alto della sua età avrebbe invitato gli attaccanti a partecipare alla manovra, visto che i mezzi tecnici a loro diposizione per segnare non è che fossero paragonabili a quelli dei campioni.
E così negli anni, conditi, tra una madre meretrice, una sorella di facili costumi, imprecazioni nei confronti degli avi già sepolti, un chiodo del legno della croce, anatemi e maledizioni fino alla settima generazione , ho scoperto i giocatori del passato che più sono rimasti impressi nell’immaginario collettivo.
“Ma passa quella palla, chi cazzo ti credi di essere, Garrincha per caso?”
“Sei più scarso di Riccardo Ferri!”
“E tu a me volevi fare quel dribbling? E’ arrivato Pelè!” (per gli sfortunati non pugliesi , è una variante di chi ti credi di essere)
“Uè Cabrini, vedi di tornare in difesa, che in avanti sei uno scandalo. Stai dietro che è meglio.”
“ Tu con quella panza non puoi giocare. Guardati, pari Gascoigne. Non ce la fai a correre. Mettiti in panchina sennò ti viene un infarto!”
Fontolino Fontolan.” (La più pesante, ve lo posso assicurare)
“Ma che cosa vuoi fare, tira in porta piuttosto, Maradona dei poverelli”.
Tutto ovviamente tradotto in italiano dal barese stretto. Con le bestemmie. Con belle bestemmie articolate e fantasiose. Ogni sabato arricchite, ogni sabato diverse. Bellissime, io le adoro.
Questo succede ai “Caduti di Superga” di Mola, in provincia di Bari, che sta in Italia, anche se qualcuno a giusta ragione pensa che sia in Macedonia o Albania, quando fai un errore come quello di Chiellini.
E’ universalmente noto che “il lamento rende”, ma non possiamo prendercela con la Spagna e con la Croazia nel caso in cui, giustamente, si dovessero accordare per  un pareggio.
Possiamo solo rivolgere le nostre bizantine bestemmie nei confronti di Chiellini.
“Marca stretto l’avversario, brutto nasone, vedi di stargli proprio appiccicato. Non sei mica Scirea!”

sabato 9 giugno 2012

Con le parole degli altri - Europei 1


E’ sabato, fa caldissimo. Avresti un milione di cose da fare e sicuramente tutte molto importanti.
Però ti riscopri con la mente altrove. Non proprio altrove, sai benissimo a cosa stai pensando ed è proprio per questo che ti senti colpevole, ma non ci puoi fare niente.
Il bello è che in questo stato ti ci sei ritrovato altre volte.  Ad ogni vigilia è così.
Assomiglia all’ansia pre –esame, o quando sai d’avere un incontro galante. Sei preparato, ma la tua buona dose di inettitudine e insicurezza ti fanno stare in pensiero.
La verità è che domani c’è l’esordio della Nazionale all’Europeo. Contro la Spagna. E Prandelli minaccia l’utilizzo di Giaccherini. Giaccherini chi? Dove gioca? Ogbonna?! Ah, è un difensore, gioca a Torino ed è giovane. Sarà, ma io non l’ho mai sentito.
Tutte cose che non ti aiutano di certo.
In parecchie occasioni ho cercato di spiegare a mie parole questo stato d’animo, ma il mio eloquio incerto e il lessico limitato mi impediscono di rendere al meglio la questione. Quindi prendo in prestito le parole di Nick Hornby, scrittore londinese che nei suo libri ha spesso parlato delle passioni dell’uomo comune, come la musica ed il calcio. Lui è tifoso dell’Arsenal. Nel libro “Febbre a 90” descrive la nascita della passione per la sua squadra del cuore, ma soprattutto ci spiega come questo si sia interfacciato, spesso in maniera negativa, con la sua vita.
Il brano che vi propongo si riferisce a Liverpool-Arsenal del 1989, ultima giornata di campionato, squadre a pari punti in classifica, con l’Arsenal obbligato a vincere con due gol di scarto per via della differenza  reti. L’ideale per avere un infarto.
I Gunners, per sua fortuna, vincono per due a zero, con gol del raddoppio allo scadere di Michael Thomas e riconquista il titolo dopo 18 anni. Nell’estasi del festeggiamento, Nick Hornby riesce a paragonale quel godimento al sesso e quella gioia alla nascita di un figlio.
Nessuno dei momenti che la gente descrive come i migliori della propria vita mi sembrano analoghi. Dare alla luce un bambino dev'essere straordinariamente emozionante, ma di fatto non contiene l'elemento cruciale della sorpresa, e in tutti i casi dura troppo a lungo; la realizzazione di un'ambizione personale - una promozione, un premio, quello che vuoi -non presenta il fattore temporale dell'ultimo minuto, e neppure l'elemento di impotenza che provai quella sera. E cos'altro c'è che potrebbe dare quella subitaneità ? Una grande vincita al totocalcio, forse, ma la vincita di grosse somme di denaro va a toccare una parte completamente diversa della psiche, e non ha niente dell'estasi collettiva del calcio.
E allora non c'è proprio niente che possa descrivere un momento così. Ho esaurito tutte le possibili opzioni. Non riesco a ricordare di aver agognato per due decenni nient'altro (cos'altro c'è che sia sensato agognare così a lungo?) e non  mi viene in mente niente che abbia desiderato da adulto come da bambino. Siate tolleranti, quindi, con quelli che descrivono un momento sportivo come il miglior momento in assoluto. Non è che manchiamo di immaginazione, e non è nemmeno che abbiamo avuto una vita triste e vuota; è solo che la vita reale è più pallida, più opaca, e offre meno possibilità di frenesie impreviste.
Per quanto mi riguarda quando lessi "Febbre a 90", e mi fu regalato da una donna, la Nazionale non aveva ancora vinto i mondiali del 2006. Evento che fece cambiare le mio opinioni rispetto a questo brano.

mercoledì 16 maggio 2012

Grandi speranze

L'Osc Bari ha di nuovo cambiato sede, spostandosi di meno di 100 metri dalla precedente. E' la terza volta che succede quest'anno. Si tratta di questioni logistiche.
Ogni volta che mi imbatto in questa parola, mi vien spontaneo pensare a questo aneddoto.
Nel 1986 un imprenditore milanese, in una Italia in piena espansione economica, con Craxi presidente del Consiglio, democristiani e repubblicani nel governo (tra cui Oscar Mammì, che tanto fece  per questo imprenditore), salvò il Milan da un fallimento certo. Egli, un tale Berlusconi Silvio, forte di un solido capitale, di oscura provenienza, ne divenne presidente e nella stagione successiva rilanciò la squadra con tanti nuovi innesti ( Massaro, Galderisi, Bonetti, Tassotti ), ma soprattutto rinnovò l'immagine della società. Infatti per il raduno di Luglio di inizio campionato, organizzò un vero e proprio show con tanto di presentatore e giocatori che arrivano in campo con gli elicotteri. Scena che poi viene ripresa dal celeberrimo "Caimano" di Moretti. L'utilizzo degli elicotteri per trasportare l'intera rosa della squadra fu giustificato da Berlusconi adducendo ragioni di scelta logistica.
 
Gli elicotteri
Le grandi speranze dei tifosi (povero Dickens)
Il presentatore dello show.
Detto questo, vorrei mettervi al corrente riguardo al campionato interno di quest'anno, che ovviamente vede la mia Fiorentina sul fondo della classifica al terzultimo posto, come più o meno è accaduto nella realtà. Però questo lunedì ho fatto due punti che mi hanno permesso di raggiungere a quota 13 punti l'Atalanta di Pako, che però ha disputato 4 partite in più di me. Ed a 17 punti c'è "la" Bari di Francesco, che però ha 6 partite in più. Posso ancora salvarmi.
Non me ne voglia Pako e soprattutto Francesco, però dalla mia ho la fiducia dell'ambiente, visto che l'anno scorso ero in una situazione simile e riuscì a salvarmi. E poi con questi tifosi...

martedì 1 maggio 2012

Lo-Fi Subbuteo

Ho visto tornare a giocare a Subbuteo tanta gente. Certo, tanta gente più grande di me.
Per tanti di essi si tratta di recuperare un'attività ludica del loro passato.
E non solo perchè fa "vintage". Si torna indietro ad una dimensione in cui l'aspetto più importante del gioco è stare con gli altri. Sì, ok, c'è tanta gente che a Subbuteo ci gioca da sola. Ma giocarci da soli troppo tempo somiglia ad una qualche forma di onanismo. Almeno per me.
Il Subbuteo, anche nel mio caso, mi porta indietro all'adolescenza.
Io ci vedo anche un'altra cosa. Avendo visto con i miei occhi i passaggi dal campetto in terra battuta al Commodore 64, all'Amiga, al pc (senza la i finale, purtroppo), alle playstation, il ritorno al Subbuteo è il mio contributo personale a favore delle tesi di Walter Benjamin. Però nell'ambito delle attività ludiche.
Egli sosteneva che le nuove scoperte tecnologiche come la fotografia e il cinema fossero responsabili della perdita di autenticità dell'opera d'arte. Qualora il concetto vi risulti ostico, pensate alla differenza che c'è tra una foto e una dipinto. Alla differenza tra uno spettacolo dal vivo e lo stesso visto tramite un filmato. Tramite il filmato l'opera potrai vederla quante volte vuoi, se sei in piccionaia a teatro, l'esperienza non è replicabile.
Io penso che questo sia il concetto che renda il Subbuteo più affascinate di una partita a Fifa 2012.
E' solo una riflessione.
Una mera scusa per giustificare un post che con ritardo mostruso doveva esibire delle foto fatte a Roma, al bar di Franco.



La bassissima qualità delle foto è una cosa fortemente voluta. Dalla playstation sono tornato al Subbuteo. Dalle fotocamere digitali, sono tornato alle analogiche.

lunedì 5 marzo 2012

Conosco un posticino a Roma...


Roma fa sempre un certo effetto. Puoi andarci tante volte, ma riesce sempre a stupirti. E’ talmente strabordante d’arte, architettura e storia, che si può ben giustificare il motivo per il quale nei nostri detti e modi di dire sia spesso citata. Persino in Inghilterra si dice che Rome wasn’t built in a day per dire che ci vuole un po’ di tempo per fare qualcosa di grandioso.
Durante la mia n-sima peregrinazione nella capitale, avendo esaurito il giro turistico base, ho deciso di passare da un bar.
Il fatto che io entri in un bar non è che sia proprio una novità, direte, a giusta ragione.
Ma questo è un po’ particolare. Molto particolare.
A due passi da San Giovanni in Laterano (dove si tengono i concerti del Primo Maggio), alle spalle del Sancta Santorum, in una viuzza laterale, in una zona molto tranquilla e signorile, c’è un  posticino che merita davvero l’attenzione di chi del Subbuteo non riesce ancora a stancarsi. Anzi, trovare un campo già pronto con lo stemma dell’ Osc Libertas Roma, lì all’ombra sul marciapiede antistante un bar, vi farà sicuramente venire un colpo la prima volta che ci andate. E ci andrete, lo scommetto.
Si tratta del bar di Franco. Franco-Francao-Francone.
Avendo già visto il campo che mi aspettava fuori, vengo preso da una eccitazione che mi impasta la bocca. Entro, alzo lo squadro e sulla sinistra vedo delle grandiose scatole marchiate Subbuteo originali che hanno sicuramente più anni di me. In seguito scoprirò che in quella collezione ne mancano solo 8 per coprire l’intera collezione mondiale.
Ordino un caffè, e prendo coraggio, chiedendo di Franco. Dopo un paio di minuti esce dal suo laboratorio nel pieno della giornata di lavoro con un la sua parannanza nera. Ovvio che non si ricordasse di me. Ci siamo incontrati una sola volta durante la Caudium Cup 2011 di Benevento, e mi toccò arbitrarlo. Però mi accoglie con il calore di chi ti conosce da sempre, con la simpatica parlata romanesca che tronca le parole ma colora il discorrere. Mi ha fatto sentire al posto giusto.
Subito dopo le foto ricordo ci accordiamo per un Ternana(lui)-Roma(io) sul campo all’aperto. Con mio grosso stupore riesco a pareggiare e finisce uno pari, ma non è importante. Il bello è stato sederci uno di fronte all’altro, fumarci una sigaretta parlando della nostra passione comune, della sua collezione, dei sacrifici che fa per arricchirla e della vita dei rispettivi club. L’intensità del suo amore nei confronti del Subbuteo è riscontrabile dai suoi occhi, dal tono di voce sussurrato, quasi non voglia disturbare le sue miniature.
E poi succede che arriva dalla banca, che è dall’altra parte della strada, un suo amico, Paolo, in pausa pranzo per un panino al volo. Ci vede intorno al campo e chiede se qualcuno fosse disposto a giocare. Colgo al volo l’occasione e mi ritrovo di nuovo sul green contro Paolo, arbitrato da Franco, che dispensa consigli ad entrambi. Tutto questo in mezzo ad una folla di habituè che passando lasciano sfottò, vista la nostra lapalissiana cialtroneria.
Segnatevelo, e quando vostra moglie, vi costringerà a fare un giro a Roma, voi mandatela ai musei vaticani (che la terranno occupata per tutta la mattinata) e voi venite a divertirvi da Franco. Io mi sono così divertito da saltare il pranzo, e vi assicuro che non capita tanto spesso!

venerdì 10 febbraio 2012

Calci alla vecchia maniera

In base a quanto dicono i soliti agiografi del calcio è alto 1,95 metri, pesa più di 90 kg.
Eppure in campo, con quel fisico da granatiere, non fa il centravanti, il puntone, la boa.
No, assolutamente. Niente di tutto questo. Lui gira al largo, cerca l’assist, il dribbling, il passaggio giusto, l’assist smarcante la giocata sopraffina. Certo, di gol ne fa, ci mancherebbe. Però scommetto che lui si senta più un numero 10 piuttosto che un centrattacco.
Viene dalla Scandinavia, ma non ha un cognome che renda esattamente l’idea.  Ti aspetti un Andersson, un Eriksson. Al massimo un Allback, suvvia.
No, lui si chiama Zlatan Ibrahimovic.
Così bosniaco (anzi bosgnacco per la precisione) che se provasse a mettere un piede a Belgrado, ancora oggi, lo sparerebbero a vista.
Ultimamente nella sua biografia, ci racconta che da piccolo era povero, che viveva nelle periferie di una grande città, gli stenti, gli allenamenti nella scuola calcio che lo hanno allontanato troppo presto dalla sua famiglia e tanti altri stereotipi che vanno a delineare la figura di un campione arrivato al successo ma con un carattere brusco. Che nel frattempo si è sposato, a giusta ragione, con una pornostar, o quasi.
Non vorrei mai trovarmi solo con lui in una stanza, però se qualcuno sostiene che questo signore qui possa essere definito un “cattivo” del calcio, beh, io mi sento libero di affermare senza paura di essere smentito di chiamarmi Rosa Luxemburg.
In definitiva ha dato solo due schiaffetti. Vi indignano due carezze da mammoletta? Allora avete proprio la memoria corta! E sono profondamente addolorato che le gesta eroiche di tanti randellatori della storia del Pallone siano cadute nell’oblio.
Ma ve lo ricordate Gentile in marcatura su Zico e su Maradona? Ogni due minuti li stendeva a terra. “Non c’era niente di gentile in Claudio” scrisse addirittura il Times. E chi non s’è mai fatto una risata sulle pigne di Montero? Questo prese a calci nel culo Totti e poi applaudiva nei confronti dei suoi tifosi che lo osannavano ugualmente, mentre, tutto fiero, tolti gli scarpini, usciva dal campo sorridente.
E vogliamo parlare di Pasquale Bruno? Per i più intimi, O’ Animale… Ancora oggi Van Basten quando sente un rumore in casa, controlla che non si tratti del suo marcatore diretto.
Roy Keane? Si narra che neanche il suo allenatore, un certo Sir Alex Ferguson, non osasse contraddirlo. Lo temeva. Tuttora detiene il record di espulsioni nella singola stagione, ben 13.
Come non citare Vinnie Jones e il suo record dell’espulsione più veloce : 3 secondi! Le sue malefatte in campo e la sua faccia da duro gli hanno fatto meritare addirittura una carriera nel mondo del cinema. Rivedetevi “The Snatch” e rendetevi conto di che parte interpreta!
Un capitolo a parte meriterebbe Andoni Goikoetxea, chiamato più semplicemente, visto il cognome scioglilingua, il Macellaio di Bilbao. Lui in campo era così cattivo, che i suoi conterranei terroristi baschi dell’Eta gli chiedevano consulenze su dove piazzare bombe a Madrid. Come ben ricorderete con un solo tackle riuscì a rompere la caviglia sinistra, il malleolo e i legamenti al Pibe de Oro, il 24 settembre del 1983 durante Barcelona- Athletic Bilbao. Nel maggio dell’anno successivo, durante la finale di coppa di Spagna, Maradona cercò insistentemente (ed invano) di vendicarsi, innescando una tale rissa che dovette scusarsi personalmente con il re di Spagna, presente alla partita.*
Quindi, Ibrahimovic è solo un dilettante. Le tre giornate di squalifica per quello schiaffetto ad Aronica non sono giustificate. In confronto a questi altri è una verginella!



Vinnie Jones e le sue doti acrobatiche

Maradona mentre viene pestato dall'intero Athletic di Bilbao



















*Vorrei includere in questo stucchevole elenco anche Rachid Neqrouz, tormento della difesa barese che per troppi anni ho visto in campo intento a randellare e picchiare punte avversarie al San Nicola. Purtroppo per lui non sarà mai ricordato per la destrezza nel difendere (esordio Bari-Fiorentina: 11 minuti e Batistuta ha già fatto una tripletta) e neanche per i calcioni e pestoni che rifilava ad ogni cosa che attraversava il suo campo visivo. Neqrouz sarà ricordato per il suo dito medio nei glutei di Inzaghi.

giovedì 2 febbraio 2012

From Czechoslovakia with hate


Dicevano e dicono  che fosse un allenatore finito.
Dicevano e dicono che con l’arrivo del freddo le sue squadre smettano di correre perché i giocatori sono esausti.
Dicevano e dicono che sia troppo rischioso fare il fuorigioco a ridosso della linea di centrocampo.
"Non ha vinto niente, dovrebbe stare zitto", diceva Moggi negli anni in cui anche ad un orbo  era evidente che la Juve giocasse con l’ausilio di qualche deroga ai regolamenti.
Questo, a dir la verità, lo dicono tutt’ora i suoi detrattori. E sono in tanti.
Però dopo più di vent’anni dal “Foggia dei Miracoli”, vedendo la classifica di serie B, ritrovi il suo Pescara in testa alla classifica. Parecchi punti sopra alla Bari ed alle corrazzate Torino e Samp. Eppure dando uno sguardo al capitale umano a disposizione del boemo, oltre al più famoso (ma de che!) Insigne ci trovi ragazzini quasi sconosciuti e tizi con cognomi non proprio beneauguranti per uno sport di corsa e fiato.
Togni.
Cascione.
Immobile.
Ma evitate di esprimere giudizi su questi atleti. In campo si muovono tanto ma soprattutto sanno cosa fare e dove andare. Se Zeman è riuscito a far giocare a calcio Onofrio Barone( e posso sostenerlo, avendolo visto al San Nicola qualche anno dopo), vuol dire che l’organizzazione del suo 4-3-3 è efficiente al di là degli interpreti.
Zdenek allena dall’ 83 e siamo ancora qui a parlarne. Perché pur essendo silenzioso, quelle poche volte che ha parlato, è riuscito a mettersi contro tutto l’establishment del carrozzone-Calcio moderno. Perché lui è un allenatore diverso, sempre uguale ma innovativo. Completamente antisimmetrico rispetto al calcio moderno delle pay-tv, che fa inquadrature persino nello spogliatoio, che ha perso le sue radici, che non diverte, non stupisce, che tiene lontane le emozioni.
Ammetto che Zeman (sia personaggio, sia allenatore) mi piace tanto. I suoi giocatori corrono talmente tanto che gli altri 11 a confronto sembrano delle pesanti miniature hw (magari rese tali da qualche goccia di vinavil in più o da una doppia rondella- i furbasti del subbuteo si sgamano a prima vista) ed anche perché ha allenato, tranne nella parentesi romana, squadre che di seconda (almeno!) fascia. Provo un sinistro senso di piacere quando una povera provinciale fa un paio di goal al Milan, alla Juve, all’Inter..e più in generale faccio il tifo per il più debole in qualunque situazione della vita.
Proprio mentre imbratto questo foglio gentilmente e gratuitamente concesso dal pacchetto OpenOffice (che vi dicevo a proposito dei più deboli…) un mio amico su skype mi dice : “Ma guarda che ti sbagli, cazzone disinformato! Immobile è capocannoniere della B!”

mercoledì 18 gennaio 2012

Subs Tenére

Quant’è giusto far leva sulle svariate passioni della gente?
Mi vengono in mente le continue pubblicazioni in periodo natalizio dei “best of” o delle “greatest hits” di gruppi musicali sciolti o che abbiano smesso di suonare per la morte di qualche componente.  Potrei citarne a migliaia.
Infatti  proprio qui, alla sinistra del mio monitor ci sono tutti belli e incolonnati : Remasters, Early Days, Latter Days, How the West was won, Mothership, oltre all’intera discografia. E questo solo per i Led Zeppelin.
Paghi ed hai il tuo  feticcio. Te lo guardi, lo accarezzi, lo spolveri: sei contento solo per il fatto di possederlo.
Sia chiaro: per chi è molto coinvolto, si tratta di una occasione unica. Possedere una copia numerata di un vinile/maglia numerata/aliquis, aliquid è una roba che rende felicissimi. Da far perdere la ragione. Se poi col tuo piccolissimo contributo hai dato una mano alla realizzazione della roba in questione, si può andarne veramente fieri. Roba da vantarsene al bar.
Questa volta si tratterà di qualcosa che riguarda il nostro amato giochino.Qui siam quasi certi che l'output sarà sicuramente di alto livello. Abbiam già avuto la possibilità di apprezzare qualche altra cosa della casa produttrice.
In fondo chi non ha mai partecipato ad una raccolta fondi? Chi non ha mai fatto una donazione? (Diamine quanto siete tirchi!)
Però fatemi un piacere, se per caso avete donato il 5 per mille alla chiesa cattolica, su questa pagina, in alto a destra, c’è una bella “x”. Cliccateci sopra con tutta la forza che c'avete nell'indice!

mercoledì 11 gennaio 2012

Coppa Intercontinentale a Fasano

Penso che il concetto sia chiarissimo. 
Però posso aggiungere che le squadre, fornite dallo staff dell'Old Subbuteo Club LiverBrindisi, sono delle KickOff-09 dipinte in stile Kent. Con Giuliani&Angelo non si sbaglia, ragazzi.
Il torneo, però, per esigenze dei 16 partecipanti è stato spostato a domenica prossima 15/01/ 2011.
A Mola si fa un tifo spudorato per Francesco.

Misunderstanding

Non sommate, significa altro...
Se non sbaglio era l’estate del 2002. Ero in Croazia, e dividevo una casetta con Alex, Michele ed altri amici. Durante le dolci notti dall’altra parte dell’Adriatico, si frequentava spesso un baretto in una strada secondaria della piazza principale di Dubrovnik. Avevamo fatto anche conoscenza con il barista, che era davvero simpatico.
La simpatia di un barista è direttamente proporzionale al numero di volte che non ti lascia  pagare. In una scala da 0 a 10, Mario, questo è il nome del barista croato, era simpatico almeno 7.
Una notte, come al solito occupando gli sgabelli intorno al bancone, vedendo i bicchieri tristemente vuoti, ordinai da bere. Tesi la mano verso Mario, mettendo bene in vista il pollice, l’indice e il medio. “Three beers, please”.
Dopo pochi minuti, vedendo che la mia richiesta non era stata neanche vagliata, ripetetti l’ordinazione. Tesi la mano verso Mario, mettendo bene in vista il pollice, l’indice e il medio. “Three beers, please”.
Anziché placare la nostra sete Mario, a quel punto, con la splendida cordialità balcanica, e con quella calma “zen” che lascia presagire lo scoppio di una imminente tempesta, si avvicinò e mi spiegò che se avessi fatto nuovamente quel gesto non avrei mai avuto da bere e sarei stato gentilmente pregato di uscire dal locale. Gentilmente.
Cosa avevo fatto di così grave? Non lo capivo. Avevo solo chiesto tre birre. Mi venne spiegato che in Croazia,  e per di più, in una zona molto vicina alla Bosnia, a pochi anni dalla guerra, tre birre non si sarebbero dovute assolutamente ordinare in quel modo. Usando quelle tre dita. Usando quelle tre dita in quel modo, proprio come avrebbe fatto un serbo che fa il “saluto cetnico”, indicando dio, patria e zar. Robe da nazionalisti nostalgici, che però hanno causato un sacco di morti e tanta sofferenza.
Così come quel lontano giorno dell’estate 2002, anche lo scorso lunedì un mio gesto non è stato capito. O meglio è stato codificato in maniera insolita.
Ero all’ultima partita della serata, ed avevo precedentemente perso le tre partite che avevo disputato.
Di fronte a me c’era Massimo che sistemava le sue miniature in campo. Il suo Torino contro la mia Fiorentina con i pantaloncini neri.
L’unica cosa da fare prima del fischio di inizio era il sorteggio per stabilire chi avesse diritto al calcio di inizio. Quindi prendo la pallina, la nascondo dietro la schiena e poi mostro i due pugni chiusi tenendo le braccia perpendicolari al mio busto.
Il principio alla base di questo sorteggio è indovinare in quale mano si nasconde la pallina.
Se si indovina si ha diritto al calcio di inizio. Sennò lo spetta a  chi ha fatto il sorteggio.
Semplice, giusto? Impossibile sbagliare.
Ebbene, il buon Massimo, il quale doveva solo indovinare in quale mano nascondevo il Tango, incomprensibilmente, con l’indice ben teso alla punta del suo braccio da un metro, punta al mio viso.
Non vi nascondo che sono seguiti un paio di secondi in cui ero incredulo. Panico. Poi Massimo si ravvede e scoppiamo in una grossa risata.
In fondo erano le 23, 30 e avevamo alle spalle già tre partite.